Terza mostra: tre cose
8 settembre – 18 novembre 2021 Via A. Stradella 7-1-4, Milano Opening all day 8 settembre, 10:00 – 19:30
Cose: bandiera, fotografia, trave; linee: diagonale, orizzontale, perpendicolare; luoghi: pavimento, parete, spazio sono alcune delle parole sulle quali si basa la terza mostra di Francesco Arena nelle tre sedi della Galleria Raffaella Cortese. Terza mostra: tre cose.
Come nei due progetti precedenti ogni spazio è contraddistinto dalla presenza di un’opera. Senza nessun ordine di visita definito si passa dal livello basso del pavimento con Bandiera linearizzata a quello alto di Orizzonte lasco, all’unione dei due con Sentenza in sei metri da zero a sessantasei centimetri capace di mettere in dialogo altezza e il piano di calpestio.
Terza mostra: tre cose si pone come una sorta di terza tappa di una ‘trilogia’ per la Galleria con temi, aspetti e rimandi che si rincorrono fra le opere e le due mostre che l’hanno preceduta.
Simbolo è una parola qui non ancora utilizzata, ma che necessitiamo ora di chiamare in causa per Bandiera linearizzata. La linea che corre lungo tutta la diagonale del pavimento dello spazio al civico 7 è composta dalla decostruzione di una bandiera o meglio dire, Della bandiera. La ‘cosa bandiera’ è analizzata per il suo aspetto grafico ed oggettuale senza per questo abbandonare il suo carico simbolico in quanto facilmente riconducibile alla nazione a cui è associata. Una volta riconosciuta si carica di una valenza politica rilevante seppur Arena non ci dia nessuna sua specifica lettura. Questa esemplificazione del simbolo diventa, di conseguenza, anche esemplificazione della ‘cosa’.
La trave a doppio T rimane ciò per cui è stata creata a livello industriale, vale a dire elemento capace di costruire uno spazio e sostegno, in questo caso, di una scritta concepita dall’artista. Su di essa corre la frase incisa LE COSE VIVONO SOLO NEL PRESENTE, IL PASSATO E LA MEMORIA SONO UNA PREROGATIVA DEL GENERE UMANO capace di dare ulteriore sostanza al progetto mostra in quanto riflessione sulle ‘cose’. Questa ci restituisce una sorta di ‘felicità delle cose’, intrinseca alla loro stessa natura. Con Sentenza in sei metri da zero a sessantasei centimetri ancora una volta comprendiamo come i titoli delle opere di Arena definiscano e completino i suoi lavori. L’eterno presente è parte dell’opera in quanto ogni qual volta si andrà a riallestire, l’altezza di una delle due estremità potrà variare e, con essa, il suo titolo.
Nel 2012 l’artista realizzò Orizzonte, opera attualmente esposta al MADRE Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina di Napoli nella mostra Utopia Distopia: il mito del progresso partendo dal Sud, in cui ritroviamo una trave che sostiene della terra proveniente dal centro di prima accoglienza di Lampedusa, con tutti i portati simbolici del caso. L’elemento della linea orizzontale conduce all’orizzonte, una linea che, ci fa scoprire l’artista, può essere trovata anche in una delle immagini della sezione iconografica di un libro. L’immagine dello scrittore Thomas Bernhard in primo piano è dominata da tre traiettorie: quella orizzontale, quella verticale e quella diagonale. La fotografia, pubblicata a doppia pagina nel libro, diventa parte di una ‘linea di orizzonte’ che corre lungo tutta una parete dello spazio espositivo.
Orizzonte lasco vive e si identifica nella sua stessa contraddizione in quanto non potrà mai esistere un orizzonte allentato. Al civico 4 si torna dunque a ragionare sullo stesso elemento che aveva contraddistinto Transversal diptych (2015) e Linea finita (orizzonte Gianluigi) (2019).
Gli spazi che ospitano Terza mostra: tre cose diventano come una sorta di luoghi per un errare dell’elemento —o meglio della ‘cosa’—Linea.
Ricordiamo che l’opera Angolo scontento (Hommage à la mort de Sigmund Freud) (2019), presentata per la prima volta in occasione della seconda personale dell’artista Tre sequenze per voce sola (2019) in Galleria è stata da poco esposta al Walker Art Center di Minneapolis nella mostra The Paradox of Stillness: Art, Object, and Performance ed è entrata nella collezione dell’Istituzione.